Cesare Pisoni «Io, il Kaiser dello Snow»

Dal Corriere della Sera

Cesare ha gli occhi grandi e luminosi, deve essere una conseguenza indiretta di tutta la neve che ha visto scorrere sotto la sua tavola.

 

L'immagine potrebbe ricondurre alla figura carismatica di un rocker , stile Ligabue. A differenza del cantautore però, Pisoni è in perenne tournée, 12 mesi l'anno, in giro per il mondo. In lui albergano due tratti apparentemente inconciliabili: la praticità dell'uomo di montagna e la ricchezza interiore di chi ha viaggiato tanto. 

Quarantaquattro anni, nato a Bergamo e cresciuto a Valcanale, Cesare Pisoni è il Direttore Tecnico delle Nazionali di Snowboard e Sci Freestyle oltre ad essere uno dei migliori interpreti italiani del backcountry, una disciplina che coniuga la durezza dell'alpinismo ed il fascino dello snowboard. La vita quotidiana di «Kaiser» (il suo soprannome) è uno strano impasto di politica (lo impone il suo ruolo federale), insegnamento, ed allenamenti:
«Solo se lo pratichi quotidianamente, ti puoi definire uomo di sport», ama ripetere.
Il filo conduttore è la neve fresca, le sue parole esemplificano bene il trasporto che un uomo può avere per quella che è la sua ragione di vita.

 

È stato uno dei pionieri dello snowboard in Italia, quando è nata questa passione? 
«Nel 1989 il rifugista del Barbellino, Maurizio, portò dagli Usa una tavola a coda di rondine.
Dopo due settimane andai in un negozio in centro a Bergamo a comprare tutto ciò che era possibile comprare».

Tutto nasce dagli insegnamenti di suo padre… 
«Mi ha trasmesso la passione per la montagna.
Mi ha insegnato a sciare nei prati davanti a casa a Valcanale: usavamo sci di legno, scarponi in cuoio…».

Perché lo snowboard ha preso il sopravvento sullo sci?
«Ti dà la sensazione di volare.
È molto simile al kitesurf, uno sport che adesso faccio praticare ai miei ragazzi nella preparazione estiva.
È un'attività che si adatta al cambiare dei tempi, a livello tecnologico, di immagine, di moda.
Ora a livello olimpico lo snowboard ha 5 discipline, lo stesso numero dello sci alpino:
un grande attestato di crescita del movimento».

Se pensa alla sua carriera come atleta, qual è la prima gara che le viene in mente? 
«Una gara notturna di parallelo a Cervinia che era andata in onda addirittura su Canale 5. Era il 1993».

Tutt'oggi è uno degli atleti più forti del mondo nello snowboard alpinismo. 
«È lo sport che preferisco perché sei tu, la montagna e basta.
È un'attività che si svolge prevalentemente in Francia, Svizzera e Italia. Ho vinto 3 volte la gara di Vetan, l'evento internazionale più importante».

Quando entra in Federazione? 
«Nel 1998 come allenatore dei giovani.
Nel 2002 la prima delle mie 3 Olimpiadi, a Salt Lake City, dove abbiamo vinto il bronzo con Lidia Trettel, una delle mie più grandi soddisfazioni.
La prossima Olimpiade, a Sochi nel 2014, sarà la prima da Direttore Tecnico».

Dal 2010 è Direttore Tecnico, questo ruolo non stride con la sete di libertà? 
«Non smetto mai di muovermi.
Lo sport è pratica, non teoria, anche quando, come in questo periodo, devo occuparmi di cose gestionali.
I risultati mi confortano: nei 2 anni precedenti alla mia direzione agonistica sono arrivati 2 podi in Coppa del mondo, dal 2010 ad oggi sono diventati 22.
La chiave è il gruppo: si vive in giro per un anno tutti insieme, uomini e donne».

Con Fischnaller, lo snowboarder più forte d'Italia, ha un rapporto speciale. 
«È un legame fortissimo, che va oltre quello allenatore-atleta.
Questo lavoro non si fa per soldi, si fa per passione e per la riconoscenza che gli atleti hanno nei tuoi confronti. Quando "Fisch" ha vinto la prima gara di Coppa del Mondo ho provato un'emozione incredibile».

Lei sembra vivere in simbiosi con la montagna. 
«C'è una cosa che mi dà particolare soddisfazione: quando scendi da un pendio, ti giri e vedi la tua firma, il disegno che hai creato nella neve fresca.
In montagna però non bisogna mai andare da soli: 4-5 anni fa sono stato travolto da una valanga.
Mi sono ritrovato testa in giù e tavola in su senza poter fare niente.
Me la sono cavata perché si era accumulata poca neve sopra di me».

Le rimane tempo per la vita privata? 
«È molto difficile. Mi sono separato 3 anni fa perché questo ritmo difficilmente ti porta ad avere una stabilità.
Ma tra 10 anni vorrei fare ancora questa vita.
La mia famiglia ora è la mia squadra, sono sempre in giro con i miei ragazzi.
E il bergamasco è una delle lingue ufficiali, ci sono altri 2 ragazzi della Val Brembana e con loro si parla solo in dialetto, ormai lo capiscono anche gli atleti altoatesini».

Michele Gazzetti7 novembre 2012 | 9:41

Author: jax